Era il 25 Novembre del 1960 quando le sorelle Mirabal vennero uccise.
Uccise dalla repressione sanguinaria attuata dal regime di Rafael Leónidas Trujillo, l’allora dittatore della Repubblica Dominicana. Due vittime del terrore, due esseri umani che hanno osato opporsi all’uomo forte, ai dogmi, alle imposizioni, ad ogni vincolo che limitasse la libertà.
Questo fenomeno accade ogni giorno, più volte al giorno, in ogni parte del mondo.
Capita nei paesi democratici, in occidente, cinquantanove anni dopo le sorelle Mirabal.
Perché Trujillo cosa rappresenta? Rappresenta la debolezza degli uomini, l’insicurezza dei maschi; il senso di sopraffazione che riempie le menti offuscate dei meschini.
Si chiama odio e si legge odio, punto.
L’ONU ha dunque istituito una giornata mondiale per ricordare le vittime della violenza di genere, ed è un atto encomiabile senz’altro, ma non può certo bastare.
Non basta la rimembranza; non serve l’uso di sole parole. Ci vuole ben altro.
I milioni di donne che scendono in piazza in questi giorni dimostrano che abbiamo un problema enorme: l’uguaglianza è lontana e la violenza, quella violenza del 1960 a Santo Domingo, è ancora troppo presente.
Come dicevo, esistono milioni di vittime, per le quali esistono altrettanti carnefici, questi esseri ignobili che non avendo alcun valore nella vita di ogni giorno, frustrati dall’idea stessa di fallimento che li rappresenta quando si riflettono in uno specchio, compiono violenza e distruggono le vite altrui; le vite delle donne.
Perché è troppo per loro che il sesso femminile prenda decisioni, si svincoli da legami, ricerchi liberamente la propria affermazione, autodeterminazione e felicità attraverso solo e soltanto le proprie forze, proprio non lo accettano.
Gli uomini che odiano le donne sono questo e niente più. Sono il mostro della banalità del male, quello descritto da Hannah Arendt, calato nei panni dell’ “uomo comune”.
E sta qui tutto l’incubo.
Ciò che cinquant’anni di lotte e un paio di millenni di iniquità ci regala è una misera soddisfazione: le donne sono eccezionali creature dalla straordinaria resistenza. Tutto questo suona più sessista della violenza stessa: perché la verità è che non dovrebbero esistere ragioni per complimentarsi con lo stoicismo delle donne, tantomeno di sorprendersi se esse sono persone forti.
La figura femminile è esattamente identica a quella maschile e l’assioma si presume sia evidente, ma non è ancora così.
Quanto tempo ci vorrà? Quante altre donne dovranno soffrire, subire, morire?
Perché per affermarsi c’è bisogno di vittime, come se servisse un motivo? Una causa scatenante?
Sarebbe tutto così semplice in un mondo equo.
Come si evidenzia nei più disparati settori, dal lavoro all’economia, dallo sport alla politica, da ogni semplice gesto quotidiano, è chiaro che viviamo in un pianeta che è tutto fuorché equo. Ci odiamo nel traffico, ci odiamo nei ristoranti, ci odiamo nelle discoteche, ci odiamo al cinema, ci odiamo dappertutto.
Il risultato è la completa mancanza di empatia fra membri della stessa specie.
Ecco perché tendiamo alla sopraffazione; l’altro dato che si va ad aggiungere alla debolezza dei maschi, i quali, dicono i più cretini, hanno perso la loro funzione sociale.
Dico, ma stiamo scherzando? Tutto è maschilista, machista, sessista.
Qualche millennio fa, quando forse le cose andavano un po’ meglio, diverse società erano matriarcali. Ora? Ora viviamo in un’era più patriarcale che mai.
Oggi, sì. Perché nel medioevo o nel far west non dico che fosse giustificabile ma era quantomeno comprensibile. Ai tempi delle clave ti immagini una scala di principi etici e morali decisamente ridotta rispetto al ventunesimo secolo; nel presente invece si dava per scontata una certa emancipazione culturale, un metodo di coabitazione evoluto, pacifico e globalizzato.
Il presente invece si riassume facilmente in tre parole: guerra, odio, ignoranza.
Viviamo in un qualcosa di ben diverso da quello che i nostri nonni si aspettavano fosse il futuro dopo aver dato la propria vita durante la Seconda Guerra Mondiale.
Viviamo in una dimensione, chiamata purtroppo realtà, dove sono in corso 191 conflitti armati, dove ancora centinaia di milioni di bambini muoiono letteralmente di fame, denutriti e malati, sotto un cielo azzurro che dovrebbe indicarci la destinazione finale, cioè l’uguaglianza. Dove? Non c’è uguaglianza nel pianeta dove gli uomini odiano.
Dove le donne muoiono.
Quelle donne che sono costrette a combattere per trovare una luce sotto la quale brilli la propria dignità.
Donne sfigurate ma anche e soprattutto donne umiliate.
Il dramma sta in ciò che diamo per scontato; quando diciamo distrattamente “che vuoi che sia” oppure “non c’è niente di male”. Proprio noi, le persone “civili”, che ci rendiamo complici di questo gioco al massacro quotidiano che inizia con un apprezzamento volgare in metropolitana e finisce la sera quando si lasciano i piatti sporchi nell’acquaio dando per scontato che la persona che divide la vita con noi li pulisca.
Ecco la frase: diamo per scontato.
E se vogliamo che qualcosa cambi, innanzitutto bisogna smettere assolutamente di dare per scontato il prossimo.
Sapete perché una donna vale quanto un uomo?
Perché siamo tutti maledettamente esseri umani.
Nati uguali, con una mente uguale, in un mondo ineguale.