Sostenere che leggere sia importante ed altre banalità del genere sarebbe quasi offensivo nei confronti della letteratura e di tutto ciò che è stato scritto, proprio al fine di combattere il qualunquismo e l’uniformità di pensiero.
Si ergono voci noiose, figure pseudo intellettuali che adorano parlarsi addosso mischiate confusamente ai soliti mediocri personaggi membri di una “intellighenzia” da rottamato regime post sovietico, che blaterano ai quattro venti dell’immenso valore della lettura, dei libri, dell’odore della carta stampata e altri discorsi triti e ritriti sui quali sbadigliare o passare oltre, risulta il primo istinto che sovviene a coloro che non hanno certo bisogno di lezioncine fatte di stereotipi dopati all’inverosimile, ma di fatti concreti.
Già, perché la Giornata mondiale del libro dovrebbe porre l’attenzione non solo sull’ovvio, come invece viene perpetrato sistematicamente dai poco illustri membri del personale insegnante, dalla pubblica amministrazione ammuffita, dagli antipatici e ignoranti scrittori della domenica – opinionisti televisivi ignobili – che giusto per marketing, pubblicano quintali di carta igienica imbrescata da parole vuote redatte da disgraziati ghost writers precari e sottopagati da qualche major editoriale faziosa e dispensatrice di vuoto cosmico culturale.
Sembra polemica ma in realtà è un grido di disperazione.
E’ l’eco lontana, il flebile respiro di un’editoria indipendente che non riesce ad emergere perché non possiede strumenti e fondi adatti al sostegno della propria schiera di autori, i quali al momento, come ci raccontava il nostro carissimo amico Pietro Gandolfi – scrittore di limpido talento – sono sperduti nelle lande desolate dell’editoria online, tra ebook che non vengono letti da nessuno e store telematici dove defluiscono come un ruscellino dentro al Rio delle Amazzoni della pubblicazione autonoma.
Si scrive per se stessi, per la soddisfazione di farlo, tanto per buttar giù due parole e vederle impaginate con una sorta di grafica che non è nient’altro che una pia illusione.
Vanagloria allo stato puro.
E la letteratura si deteriora, erosa come le coste di un isolotto di argilla sedimentaria, destinata a scomparire sotto le onde del mare dell’oblio culturale che ci avvolge.
Libri di cucina, biografie di personaggi del mondo dello spettacolo, ignobili pubblicazioni sull’auto motivazione e la crescita interiore; criminosi trattati su come truffare, come guadagnare col poker o con la pubblicità su internet. Veri e propri manuali su come riuscire ad arricchirsi senza fare un cazzo, seduti sul divano. Elenchi, liste, metodi, tutto irrimediabilmente falso.
Rimarrete profondamente delusi, dopo aver letto le mirabolanti tecniche di persuasione del prossimo, quando tenterete di vendergli uno stock di cover per iphone ed egli vi manderà calorosamente a fanculo.
Infine le sinossi, i riassunti; ormai sostituiti quasi in toto alla letteratura classica.
Non hai mai letto Victor Hugo o Goethe? Basta andare sul sito degli aforismi per prendere qualche suggestiva citazione e spararla sui social ed ecco fatto che improvvisamente sei un erudito. Non conosci Gabriel Garcia Marquez e questo rappresenta un’onta per la tua figura di coscienzioso liberal, giovane, green e pacifista? E’ sufficiente recarsi su Wikipedia, la panacea dell’ignoranza globale, dare uno sguardo alla biografia dell’autore e all’elenco delle sue opere – ovviamente dallo smartphone seduti sul cesso – ed ecco risolto il problema: sarete degli esperti di prim’ordine del realismo magico sudamericano, così da fare una gran figura all’aperitivo o alla cena vegana nella villa del vostro amico che ha fondato una start-up con i quattrini del padre che si è spezzato la schiena per quarant’anni.
Che vi piaccia o no, funziona così.
E’ tutto effimero, tutta apparenza.
Nelle librerie si va per posa, per farsi notare, per rivalsa, per senso di emancipazione.
Ma quando si sente una parola strana siamo così arroganti da fottercene e proseguire oltre, per l’atavica paura di chiedere e poter sembrare, agli occhi dell’interlocutore, un tipo poco istruito.
E’ l’apoteosi dell’insicurezza: nascondersi dietro a un dito.
E poi guardarsi allo specchio perfettamente coscienti che il libro che abbiamo sul comodino ci annoia tremendamente, è coperto da uno strato di polvere e non abbiamo affatto intenzione di leggerlo. Piuttosto vogliamo guardare Netflix, dove magari c’è una serie tv che è tratta da un fumetto o da una storia famosa di un autore famoso, e così, venendolo a sapere sull’ennesimo sito, possiamo inventarci di averli letti così da aver salva l’anima dai pregiudizi dell’establishment culturale italiano.
Si comprano dozzine di libri su Amazon e si lasciano nella confezione per anni, tanto basta che chi viene a casa nostra li veda nella libreria e si faccia l’idea che sei un letterato.
Vendiamo la nostra proiezione, convinti di piacere di più se siamo fatti come vorrebbe la persona che ci sta davanti, la quale probabilmente sta facendo il nostro stesso sporco gioco.
Ed è un gioco al massacro, dove alla fine si perde tutti.
La Giornata del libro dovrebbe significare: leggiamo davvero .
Perché la letteratura è l’archivio della nostra memoria, il cervello condiviso dell’umanità.
E’ lì, a disposizione di tutti, il pensiero dei più grandi esseri umani che abbiano abitato questa povera Terra martoriata.
Il patrimonio genetico dell’intelligenza, il dna di una società, di un’etica, di una civiltà.
La letteratura, la lingua scritta, è il testamento per le generazioni successive, all’interno del quale è custodita la più preziosa delle eredità: il verbo.
Noi comunichiamo se comprendiamo e comprendiamo se comunichiamo.
Per questo la bibliografia dell’uomo è essenziale al progresso.
Dentro ad un libro è registrato ogni errore commesso, al fine di non ripeterlo; ogni cosa buona, al fine di perpetrarla; ogni scoperta, allo scopo di donarla alle generazioni successive.
I libri sono stati scritti per renderci la vita più facile, lo volete capire?
I libri sono le chiavi che ci aprono le porte del futuro.
Ecco perché è necessario un fatto concreto più di tante chiacchiere.
Le belle parole sono già scritte là dentro a quei cosi fatti a parallelepipedo pieni di fogli di carta.
Ora, in questo preciso momento, oggi, chiediamo di sostenere l’editoria indipendente attraverso erogazione di fondi opportuni; chiediamo alle persone di essere semplicemente curiose, di andare alla ricerca di qualcosa di diverso, di marginale, al fine di acquistarlo e così partecipare al vero processo di emancipazione culturale.
Scambiatevi idee, imparate l’uno dall’altro.
Preghiamo internet di parlare di libri, di poesia, di editoria, di giovani talenti, non di fare l’ennesimo blog dove si scrivono articoli di viaggio sponsorizzati da qualche catena di resort, pieni di un linguaggio orrendo fatto di metatag invece di emozioni.
La letteratura non è da indicizzare, da ottimizzare, da vendere.
La letteratura è la nostra lingua e se viene scritta male la conseguenza nefasta sarà che la gente comunicherà male.
Non ci capiremo più, come sta tristemente avvenendo, alienandoci e perdendo di vista l’obiettivo finale della nostra esistenza: cooperare in sintonia.
Ed è questo il rischio quando una libreria chiude; quando uno scrittore talentuoso rimane nel limbo degli illustri sconosciuti; quando un valido giornalista viene scaricato perché scrive quello che pensa senza filtri; quando la censura è subdola, striscia tra le righe, ma c’è ed è ancora troppo ingombrante.
Andate ad una fiera del libro e vi renderete conto di cosa significa mercificazione e sputtanamento.
Provate a partecipare ad un trofeo letterario e vi renderete conto di cosa significa clientela e favoritismo, menzogna e ipocrita gelosia meschina.
Gli interessi sono praticamente inesistenti nella carta stampata, ma quei pochi che sono rimasti, sono così radicati e incancreniti che ormai è quasi impossibile rimuoverli.
Allora non resta che aprire un altro canale di comunicazione; un’informazione libera e decente, dove si possa garantire il giusto spazio per tutti coloro che hanno fatto della scrittura una sana, rispettabile e dignitosa professione.
Dobbiamo studiare, aprire corsi, interessare la cittadinanza, motivare chi ha passione.
Perché la formazione è fondamentale ed è necessaria come la gavetta, del resto, ma non quella buffonata che viene spacciata per tale invece è abietta schiavitù.
Le grandi case editrici prendono un ragazzo motivato e sognatore, magari pure bravo, e con il miraggio di farlo lavorare con i grandi nomi, lo truffano lasciandolo senza una lira in un perenne tirocinio dove non gli viene insegnato niente e dove, dopo averlo sfruttato e strizzato fino all’osso, viene buttato in mezzo alla strada. Egli diviene dunque, giustamente, disilluso, e chi può biasimarlo!
Cosicché generazioni di volenterosi (rari, per dire la verità, ma ci sono), cessano il loro divenire sul nascere, troncato dalla triste realtà di merda che ci circonda.
Salviamo il libro.
Salviamo la nostra memoria.
Salviamo le future generazioni dall’abisso dell’ignoranza.
Perché l’ignoranza scatena guerre, disperazioni e morte.