Visto che oggi non c’è un cazzo da scrivere perché non scorgo eventi degni di nota in questo sordido 8 Aprile tiepido e domiciliato dalla quarantena da Coronavirus, posso apprezzare ciò che fuori dalla finestra mi si presenta come un piacevole giroscopio della Belle Epoque. Il verde che mi salva da tutto ciò che logora l’esistenza, dalle brutture della burocrazia, dal tedio del lavoro, dalla routine di donne e uomini chiusi in casa ridestati solo dalle ansie e le paturnie di un malanno che là fuori incombe, dal quale non sappiamo ancora se, come e quando liberarci, una croce che grava e che di certo in futuro sarà storia, ma quando la storia la si vive, non la percepiamo come tale, bensì solo come fardello iniquo e colpevole di privarci delle libertà tanto sudate oppure peggio, alle quali siamo tristemente ed arbitrariamente abituati.
L’uomo è viziato, niente da fare.
Indeciso se dunque volgere le mie parole a qualcosa di interesse pubblico, mi addentro alla ricerca di un qualche fatto culturale o musicale appetibile al colto ed emancipato popolo di Vuemme, ma ahinoi, niente compare alla vista della vedetta in mezzo al mare dell’informazione elettronica. C’è da dire che oggi sarebbe il compleanno di Carlo Cafiero, mica di uno qualunque. Ma quando si parla di Cafiero, di Malatesta, di Bresci, in Italia non si riesce proprio a trattarli con storico distacco e con doverosa oggettività. L’anarchico, in questo Paese, sarà perché c’è il Vaticano, sarà perché siamo borghesi di natura, sarà
perché la società è ignorante e soprattutto pigra, è una figura politicizzata.
Ed è un grave errore perché anzitutto l’anarchico come lo si identificava e riconosceva nell’Ottocento, oggi non esiste più; in seconda battuta, perché i personaggi storici devono svuotarsi di significato propagandistico e trasformare il proprio impegno politico, la propria biografia, in una esegesi filosofica della politica. Perché la politica è una disciplina intellettuale, un grandissimo ed altissimo esercizio umanista, prima di essere una mera pratica esecutiva di massime vuote, di slogan, atti al raggiungimento del potere.
Ma chi vuoi che se ne importi, in definitiva, di Carlo Cafiero? Di ciò che non ci piace del suo pensiero, di ciò che invece apprezziamo; del suo fondamentale contributo allo sviluppo del nostro Paese; ai suoi legami storici con i più eminenti pensatori socialisti ed anarchici di tutto il mondo; di ciò che all’estero, con grande rispetto, pensano di lui e quindi, in buona sostanza, del lustro che dona all’Italia?
No, è inutile, non è argomento da approfondire.
Ho tra le mani un altro esercizio di stile, un altro articolo, diciamo pure una ricerca.
Una mescolanza di storia, geologia e musica: tutto riguarderà il fango.
Ma non è ancora pronto, anzi, è solo nella mia testa, oltre che su qualche vecchia fotografia di un lembo di terra mangiato dall’oceano nel Maryland.
Attendo notizie da quei luoghi remoti, non so se avrò risposta o se dovrò fare a meno dell’aiuto dei locals.
Ebbene, ma che vi frega? E’ giusto perché ho ripromesso a me stesso di scrivere mille parole al giorno, perlomeno. E poi, ho un impegno con questa TV, con chi crede in me, con chi lavora con me. Soprattutto, ho rispetto di chi legge queste pagine.
Non le legge nessuno? Bisogna avere rispetto anche del potenziale avventore.
Sì, come nei grandi hotel di lusso che cascano a pezzi; dove non ci va più nessuno; però la sera: livrea, pianoforte e champagne in fresco.
Questa è la summa dell’essere professionisti.
E io, modestamente, non lo sono.
Ci stiamo tenendo compagnia, però. Stiamo comunicando, in qualche modo più transitivo di quel che sembra.
State ascoltando i dischi che vi ho consigliato? Dovreste, oppure no. L’importante è che ascoltiate musica bella. La musica bella fa bene all’anima: e il bello è soggettivo.
Per cui dovrebbe essere un semplice modo di allenare lo spirito.
Spotify aiuta, o se vi piacciono le radici, anche mettere su un vinile è bel gioco appassionante.
Tutto rappresenta la passione, nell’arco della giornata abbiamo un necessario bisogno di qualche ora da dedicare alle proprie passioni.
Il resto si dedica alla noia o alla fatica: il caro vecchio stress.
Che non manca nemmeno quando siamo chiusi in casa, sai? Eppure, per un attimo, un secondo della nostra vita così stronza, dovremmo anche fare un’altra piccola cosina che vi consiglio perché all’inizio, è vero, è pallosa, ma dopo, una volta fatta e finita, vi dona un certo benessere: soddisfa il vostro sano egoismo di essere altruisti.
Pensiamo un attimino a chi è messo peggio di noi.
Lo so: ora mi direte che è di una banalità vergognosa, che detto su Vuemme è ridicolo, che dovremmo parlare d’altro, che siamo dei qualunquisti ipocriti come tutti gli altri.
E’ sempre la solita storia, ma qualcuno dovrà pur beccarsi gli insulti in una così bella giornata, no?
E il buonista di turno oggi tocca a Michele!
Vorrei dunque ricordare che oggi è la Giornata Mondiale dei Sinti, Rom e Camminanti e porre l’attenzione su di un argomento che si lega a doppio filo con questa ricorrenza: i bambini indigenti.
Milioni di minori versano in una disperata situazione di povertà estrema, non solo nel cosiddetto terzo o quarto mondo; anche sotto casa nostra. Accanto a noi. Tra noi. Coloro che dovrebbero essere integrati non lo sono, e vivono in una bolla di silenzio e agonia, ai margini di una giostra che corre troppo veloce. Siamo tutti responsabili e siamo tutti parte di un disegno ben più grande di noi e che lo vogliate o no, girarsi dall’altra parte è un gesto codardo.
Una cosa, piccola piccola, si può fare: andare sul sito dell’UNICEF, www.unicef.it , e dirigersi alla pagina “io come tu”, dove viene illustrata la campagna atta a combattere la povertà minorile e l’abbandono a se stessi di milioni di bambini e ragazzi proprio qua, proprio ora.
Durante le sornione ore di questo #iorestoacasa , aggiungete un hashtag alla vostra giornata: #iofacciolacosagiusta !
Buon proseguimento e buon sole di primavera!
Ci abbriacciamo virtualmente, a un metro di distanza!